È chiaro a tutti come l’attuale emergenza legata all'epidemia da Covid-19 abbia prodotto e stia producendo rilevanti ripercussioni sui rapporti economici e giuridici di aziende e persone fisiche. Fra gli innumerevoli aspetti da dirimere – presenti infatti in questi giorni sul tavolo del Governo – riveste grande importanza la questione delle locazioni, in particolare quelle commerciali.
Come noto, infatti, le misure restrittive poste in essere dalle Autorità hanno portato – con limitate eccezioni – ad un sostanziale blocco delle attività produttive, con conseguente impossibilità di utilizzare gli immobili destinati a fabbriche, uffici, negozi, alberghi, bar e ristoranti, ecc.
Conduttori e locatori si domandano dunque se, in assenza di specifiche clausole contrattuali, l’attuale situazione possa legittimare:
una dilazione nei pagamenti;
una riduzione del canone;
lo scioglimento del vincolo contrattuale.
Vi è da dire che non esiste una semplice soluzione a tale quesito, per vari ordini di motivi. Innanzitutto, l’emergere dell’epidemia rappresenta non solo un evento eccezionale, ma anche un fenomeno inedito, almeno nella vigenza del nostro attuale ordinamento. Pertanto non si è formata (e occorrerà tempo prima che si formi) una giurisprudenza sul punto.
La legge contiene infatti disposizioni che dettano regole da applicarsi in situazioni di impossibilità e di eccessiva onerosità. Tuttavia, essendo esse norme generalissime, applicabili in una casistica variegata di situazioni molto diverse fra loro, sono particolarmente soggette all'interpretazione degli operatori del diritto.
La soluzione al problema non potrà poi che dipendere dalle caratteristiche concrete della vicenda: tipologia di locazione, tipologia di attività, durata residua del contratto, ecc.
I provvedimenti emessi dal Governo non hanno ancora affrontato la questione, se non con la previsione di cui all’art. 3 del D.L. 23 febbraio 2020 n. 6, in base alla quale “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
La norma esprime un dato già noto: l’epidemia da Covid-19 ed i conseguenti provvedimenti del Governo assumono la natura di fatto eccezionale, da valutarsi ai fini di una esclusione di responsabilità del debitore.
Ciò premesso, in via generale le principali strade percorribili per il conduttore sono le seguenti:
Recesso dalla locazione commerciale per gravi motivi con preavviso di 6 mesi, ai sensi dell’art. 27 della l. 392/1978
Riduzione del canone per impossibilità parziale di godere dell’immobile locato ai sensi degli articoli 1256 2° comma, 1258 e 1464 c.c.
Risoluzione del contratto per impossibilità definitiva di godere dell’immobile locato (ad esempio in caso di locazione in scadenza) ai sensi degli articoli 1256 1° comma e 1463 c.c.
Risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell’art. 1467 c.c.
La scelta fra le azioni sopra elencate è molto delicata poiché incide (anche in maniera irreversibile) sul rapporto contrattuale in essere e dà l’avvio alle corrispondenti difese della controparte. Ognuno degli strumenti richiamati, infatti, ha dei pro e dei contro, un diverso grado di successo dipendente dalla situazione concreta ed un’esposizione a determinate eccezioni da parte del locatore.
Alla luce di quanto sopra sinteticamente delineato, in assenza di un accordo spontaneo fra locatore e conduttore, l’auspicata rinegoziazione/risoluzione del contratto di locazione per far fronte alla grave crisi economica in atto dovrà essere preceduta da un’analisi particolarmente accurata e dall'adozione di una precisa strategia.
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